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Pietro Mennea una vita a 19.72

Il mondo dello sport è in lutto per la scomparsa, all’età di 61 anni, di Pietro Mennea (la freccia del Sud).

Una carriera iniziata nel 1971 dove arriva sesto nei 200 agli Europei di Helsinki, scendendo per la prima volta sotto i 21” e vince l’oro ai Giochi del Mediterraneo nei 200m e nella 4×100.
Un’anno dopo a Monaco partecipa alla prima delle sue cinque Olimpiadi ottenendo il bronzo nei 200m. Nella stessa specialità vince le Universiadi a Mosca nel 1973 (e anche il bronzo nei 100 e nella 4×100) e un anno dopo a Roma conquista il suo primo titolo continentale nei 200, ottenendo anche l’argento nei 100.
Delude ai Giochi di Montreal (4° nei 200) mentre agli Europei di Praga del 1978 trionfa sia nei 100 sia nei 200. Il biennio 1979-1980 è il migliore della sua carriera: nel ’79 alle Universiadi di Città di Messico batte il record del mondo dei 200 con 19.72, primato che resisterà per ben 17 anni (ancora ora l’attuale Record Europeo), mentre nel 1980 ai Giochi di Messico vince nei 200 il suo unico oro olimpico. Si ritira nel 1981, ma rientra un anno dopo e nel 1983 ai Campionati Mondiali di Helsinki è bronzo nei 200 e argento nella 4×100.
Ai Giochi di Los Angeles 1984 raggiunge la finale, dove è settimo. Lascia l’atletica per la seconda volta, ma ritorna per i Giochi di Seul 1988, non andando oltre i quarti di finale. Dopo il ritiro, si laurea quattro volte (Lettere, Giurisprudenza  Economia, Scienze Motorie), diventa parlamentare europeo e poi avvocato.

Più d’uno ritiene che i momenti fondamentali della lunga carriera di Mennea siano legati al record del mondo fissato a Città di Messico, nell’Universiade 1979 oppure all’oro di Mosca 1980. Ma l’impressa più rilevante compiuta da Mennea si è registrata nel 1978, ai Campionati Europei di Praga.

Li, un’atleta ritenuto da molto un risparmiatore, seppe dare probabilmente il meglio di se. A Praga Mennea fu impiegato in quattro gare, le due di velocità individuale e le due staffette  un totale di dieci volate fa il 29 agosto e il 03 settembre, in cui seppe addirittura finire in crescendo. E’ vero che la concorrenza europea non era straordinaria ma correre una batteria in 10”19, primato italiano, con 19° di temperatura e correre la finale del giorno dopo con la pioggia.
Menena continuò tuttavia il 30 agosto con 10’26 in semifinale, poi 10”27 nella finale in cui stroncò il polacco Dunechkli e il tedesco-est Ray; e si affaccio il giorno dopo per una batteria dei 200 in 20”70, tempo abbassato a 20”40 in semifinale, fino al 20”16 della finale in cui non ebbe letteralmente avversari (46 centesimi di margine sul tedesco-est Prenzle).
Non contento, Mennea accettò non solo il ruolo di ultimo frazionista della 4×100, ma anche quello di anchorman della staffetta del miglio. Con lui il quartetto veloce fu quinto in 39”11, quello del miglio evito l’ultimo posto in finale grazie a una furibonda rimonta di Mennea. La cronometrarono in 44”2 lanciato: da allora nessun italiano ha fatto meglio.

E’ sempre stato un uomo che sorride, il su libro apre con una frase di Voltaire:

Il corpo di un atleta è l’anima di un saggio: ecco ciò che occorre per essere felice

Io voglio solo ricordalo con le sue vittorie e un saluto enorme.

Fonte di tutti i dati: 110 anni di gloria – Volume 16

Peyton Siva, una vera storia americana

Peyton Robert Siva Junior, una vera storia americana.

Nonostante la sua giovane età la sua vita e gia da raccontare. Nato a Seattle il 24 ottobre del 1990, cresciuto in un uno dei quartieri più brutti della città, pieno di scontri tra bande.
Siva cresce da solo per via di una famiglia non proprio amorevole: sua madre (Yvette Gaston) ha ben tre lavori per mantenere la famiglia; il padre quando non è ubriaco tira di droga (Peyton Siva); sua sorella (Leilanna) e suo fratello (Mike) entrano ed escono dal carcere in continuazione.

Quando Peyton Jr. ha 13 anni va a cercare suo padre scomparso da qualche giorno e lo trova in strada con una pistola in mano pronto ad uccidersi, saranno le parole di suo figlio a fagli cambiare idee.

Grazie alla sua passione per il basket e lo sport (dicono che era anche un’ottimo calciatore) e riuscito a tirarsi fuori dai guai entrando nella Franklin High School a Seattle dove conclude con 18.1 punti; 5.30 assist; 3.4 rimbalzi e 2.3 palla rubate, grazie a questi numeri viene nominato un McDonalds All-American.

Accerta la proposta di Louisville e va a giocare nella squadra di Coach Pitino, nel suo anno da Junior, nonostante i problemi alla caviglia e la presenza in squadra di Edgar Sosa (adesso in Spagna al Valladolid), riesce a dare il suo contributo alla stagione dei Cardinals e diventare nei anni successivi un punto di rifermento della squadra. .

Adesso papà Peyton segue le avventure nel college basket di suo figlio, i fratelli sono più spesso fuori dai guai e sua madre ha un solo lavoro, la vita di Siva e cambiata e adesso va a caccia del suo secondo titolo della BigEast e ovviamente sogna il titolo nazionale.

Siva è un ragazzo con una forte fede cristiana, indossa la maglia numero tre come le trinità Padre-Figlio e Spirito Santo, ha sempre dichiarato che suo fratello Mike e molto più forte di lui, aiuta molti ragazzi del suo vecchio quartiere ad uscire dalle bande. Molto probabilmente non lo vedremo nel piano superiore e forse nemmeno in Europa ma la storia di Siva era da raccontare.